Storia
Attività (uso attuale): Palazzo dei Beni Culturali e sede museale
Uso storico: Sede Governativa della Repubblica Marinara di Genova e residenza del Doge Genovese.
Palazzo Ducale è uno degli edifici più importanti di Genova. La sua storia riflette per molti versi la storia del potere di Genova, in quanto ha visto avvicendarsi Capitani del Popolo e Dogi; ma non solo, la storia di Palazzo Ducale può essere anche costituita dalla storia dei rifacimenti, delle ristrutturazioni nei secoli. Uno specchio degli stili artistici e architettonici che hanno caratterizzato la storia dell’arte dal ‘200 allo ‘800.
Fine XIII secolo. Primo insediamento e fondazione. La fine del secolo XIII è l’inizio della storia di Palazzo Ducale come edificio espressione del potere cittadino. È il periodo in cui Genova afferma il proprio ruolo dominante sul Mediterraneo, dopo aver battuto Pisa nel 1284, e contemporaneamente assume anche un equilibrio istituzionale. La Repubblica decide, così, di acquistare Palazzo Doria e il Palazzo e la torre di Alberto Fieschi (l’attuale torre Grimaldina), in cui già avevano trovato sede le autorità cittadine. La zona era strategica in quanto collocata sul bordo settentrionale delle mura altomedievali e compresa tra le due principali chiese della città: S. Ambrogio dei Milanesi (diverrà del Gesù, nel 1589) e la Cattedrale di San Lorenzo. Accanto a due palazzi i Capitani del popolo Oberto Spinola e Corrado Doria fanno edificare il Palazzo degli Abati sull’area urbana preesistente fra le chiese di S. Lorenzo e S. Matteo (1291).
XIV secolo: trasformazioni prerinascimentali. Il 1339 vede la nascita della Repubblica popolare dei Dogi perpetui con Simon Boccanegra, primo doge. Nel corso del XIV secolo, il Palazzo diventa Ducale e viene ampliato dal Doge Antoniotto Adorno, verso nord e verso est. Verrà costruito il primo nucleo dei due corpi edilizi che definiscono il complesso a ferro di cavallo aperto verso lo spazio che oggi forma piazza Matteotti. Nei vicini edifici Doria, verso ovest, verrà creata la nuova prigione politica, che in seguito diventerà il palazzetto criminale, ora sede dell’Archivio di Stato, collegato con un ponte aereo a Palazzo Ducale.
Il XV secolo e la chiusura della cittadella fortificata. A metà del XV secolo, Palazzo Ducale verrà fortificato con una quinta muraria che chiuderà a quadrilatero l’impianto a ferro di cavallo che delimita piazza di Palazzo (oggi Piazza Matteotti). Su queste mura ci sarà l’unico ingresso alla cittadella, le altre porte verranno murate. All’interno della cortina viene predisposta una vera piazza d’armi e da qui si entra nella casa dogale. La cortina verrà ampliata fino ad elevarsi di tre piani, ma non avrà mai nessun abbellimento esterno. Verrà demolita solo a metà ottocento.
Il XVI secolo. La ricostruzione manierista e il Vannone. Nel XVI secolo, Andrea Doria, doge di Genova, accentuerà il ruolo direzionale di Palazzo Ducale e imporrà per costituzione l’obbligo di residenza per il Doge. Nel 1590 iniziano i lavori di revisione di Palazzo Ducale guidati dal progettista Andrea Vannone Ceresola da Lanzo d’Intelevi, noto come il Vannone. I lavori avranno come esito in larga misura la morfologia dell’edificio trasmessa sino ad oggi: il sistema dei due cortili simmetrici collegati dall’immenso atrio voltato e le due sale del Maggior e del Minor Consiglio, al piano nobile in posizione centrale. Il Vannone realizzerà grandi scaloni e volte fuori scala il cui peso sarà affidato a catene metalliche nascoste nella muratura.
Intervento Neoclassico e il progetto di Simone Cantoni. Il 1777 è l’anno del grande incendio di Palazzo Ducale, incidente che era stato preceduto già da altri episodi e che si rileva devastante soprattutto per gli interni del Palazzo. Palazzo Ducale ha smesso di ospitare il governo cittadino e di rappresentare la potenza della Repubblica Marinara. Genova non è più in una posizione strategica, è esposta alle mire espansionistiche del Piemonte ed soprattutto si è impoverita. Dopo l’incendio, i lavori per la ristrutturazione di Palazzo Ducale saranno affidato a Cantoni, architetto di scuola neoclassica. Cantoni rinnoverà completamente la facciata Sud del Palazzo, ancora chiusa dalla cortina, e il carattere dei due saloni. Il suo intervento farà di Palazzo Ducale uno dei primi esempi dello stile neoclassico in Italia, infatti farà uso abbondante di marmi, con statue, colonne e balaustre. Cantoni cercherà anche di risolvere il dissesto statico provocato al palazzo dal peso delle coperture delle due aule consiliari. La sua proposta sarà quella di finire i saloni con strutture murarie voltate, a doppio guscio, sostenute da arconi in laterizio. La facciata sud, pericolante, sarebbe stata rafforzata da contrafforti mascherati da fasci di colonne.
Il XIX secolo, Palazzo Ducale proprietà della Corona di Sardegna. Palazzo Ducale cessa di essere luogo di comando e diventa tribunale con annessa prigione politica. Gli eventi più importanti saranno l’abbattimento della cortina muraria del 1850 e l’intervento ingegneristico per tenere in equilibrio statico la volta cantoniana della Sala del Maggior Consiglio, realizzato con capriate metalliche. I lavori furono guidati dall’ingegner Ignazio Gardella.
Gli inizi del 900 e lo stile neomedievalista. A fine Ottocento, il Palazzo era ormai stato degradato dalla presenza del tribunale e dell’archivio di Stato, che in cerca di più spazi tramezzavano le sale e costruivano superfetazioni nei cortili e nelle terrazze. Ad inizio Novecento, la tendenza si inverte portando ad una nuova fase di intervento, guidata da Gaetano Poggi e poi da Orlando Grosso. Poggi reperì soprattutto informazioni archeologiche essenziali per le prime ricerche sulla fase arcaica del complesso edilizio. Grosso, invece, fece un intervento disinvolto andando a ricostruire, a partire da pochi elementi, la facciata dell’ex palazzo degli Abati su via Tommaso Reggio in uno stile neomedievalista. Inoltre, intervenne anche sulla facciata su Piazza De Ferrari, alterando con chiusure e nuove aperture, disegnando un’architettura illusionistica di cornicioni, lesene e davanzali marcati e aprendo un ingresso inedito su via De Ferrari, che costrinse il cortile est a diventare atrio secondario.
1975 - 1992, l'ultimo restauro. Recupero e ristrutturazione voluti dal Comune nel 1975 e conclusi nel 1992. Il progetto è stato imperniato sulla valorizzazione dell’antica sede governativa della Repubblica Marinara e ha dato a Palazzo Ducale una nuova veste rendendolo Palazzo dei Beni Culturali.
Descrizione
Palazzo Ducale è un grande edificio monumentale di 35.000 metri quadrati e con un volume di 250.000 metri cubici. Il palazzo si sviluppa tra via Tommaso Reggio, Piazza Matteotti, Piazza De Ferrari e salita dell’Arcivescovado e del Fondaco. Ha due ingressi da Piazza Matteotti e da Piazza De Ferrari. Essendo stato luogo di potere per molti secoli ed essendo nato dall’aggregazione e dall’ampliamento di edifici medievali precedenti, risente fortemente della commistione tra parti medievali, cinquecentesche, neoclassiche, neomedievaliste e interventi del Genio Civile in seguito ai bombardamenti del 1942. Di seguito, la descrizione sarò incentrata sullo stato attuale di Palazzo Ducale.
Esterno
TORRE GRIMALDINA, PALAZZO DEL COMUNE E PALAZZO DEGLI ABATI.
Partendo da ponente, avvicinandoci quindi alla cattedrale di San Lorenzo, troviamo il primo nucleo di Palazzo Ducale, che fu costruito a partire da Palazzo Doria e da Palazzo Alberto Fieschi. La torre di Alberto Fieschi diverrà la Torre Grimaldina che verrà accresciuta di un piano nel 1307, e di altri due nel corso del ‘500. Fra via Tommaso Reggio e salita dell’Arcivescovado verrà costruito il Palazzo degli Abati, che verrà accorpato nel tempo ai palazzi Doria e Fieschi. In questo angolo tra le due vie, sono posti dei “pontini” aerei che collegano l’appartamento del Doge con la cattedrale e il Palazzetto Criminale.
Facciate
LE FACCIATE MANIERISTE SU SALITA DELL'ARCIVESCOVADO E SU SALITA DEL FONDACO.
La facciata si eleva altissima e coperta da una superficie uniforme di intonaco chiaro. Attraverso la perfetta assialità dell’aperture di facciata con lo spazio seicentesco interno, è chiara l’aderenza dell’attuale facciata con il disegno originale vannoniano.
LA FACCIATA CLASSICISTICA SU PIAZZA DE FERRARI NELLA RIPROPOSIZIONE ATTUALE.
Questa facciata è frutto dell’intervento di Orlando Grosso di inizio Novecento. Questo lato in origine era secondario e prevedeva una facciata liscia, scandita da aperture composte in corrispondenza con gli ambienti interni. La facciata fu resa classicistica, regolarizzando le aperture e irrigidendole in un’orditura di elementi architettonici dipinti
LA FACCIATA NEOCLASSICA SU PIAZZA MATTEOTTI. Questa facciata è di fine ‘700 ed è dovuta all’architetto Cantoni. È il migliore esempio di primo stile neoclassico a Genova, infatti la superficie è policroma ed è costituita da marmi veri e marmi finti realizzati in stucco lustro. È chiaroscurata plasticamente da colonne, fregi, nicchie e bugnati. La facciata è organizzata su tre livelli, definiti orizzontalmente da un alto zoccolo in pietra rosa, e da due fasce composte da fregio, cornice, e balaustre in marmo. Sopra la zoccolatura si alzano due ordini sovrapposti di colonne binate. Il terzo ordine è composto da doppie lesene con statue in nicchia ed è concluso dallo stemma di Genova. Il sistema della facciata neoclassica è concluso da una copertura a carena di nave rovesciata. Al centro della facciata, tra due colonne binate, si impone il grande portone arcuato in marmo, chiuso da due ante ferrate con chiodatura in bronzo.
INTERNO
IL PALAZZO DEL VANNONE.
Pur nella molteplicità delle situazioni architettoniche, l’interno del palazzo va visto come il palazzo di Governo voluto dalla Repubblica di Genova e progettato da Vannone nel 1590. Vannone riunifica le parti già costruite attorno al corpo centrale dell’atrio e delle sale di consiglio. L’impianto è costituito da un corpo longitudinale che si sviluppa tra via Tommaso Reggio e Piazza De Ferrari. La facciata principale è quella che dà su Piazza Matteotti e si articola con due bracci laterali che formano una pianta a ferro di cavallo. L’edificio è composto principalmente da un piano terreno in cui troviamo l’atrio principale, i cortili e le logge e da un primo piano, detto anche piano nobile. Al di sopra del piano nobile, sono presenti dei voluminosi sottotetti, oggi non più utilizzati. L’atrio voltato domina lo spazio del porticato; il grande atrio è posto tra due cortili colonnati come una grande vela tesa, infatti, un’unica grande volta a padiglione copre e definisce l’atrio. Ai lati del grande atrio due porticati fra un doppio colonnato portano ai cortili. Nell’atrio sono presenti anche i torsi di due statue monumentali di Montorsoli, raffiguranti Andrea Doria e suo nipote Gioandrea.
IL CORTILE MAGGIORE E IL CORTILE MINORE.
Il cortile ad est con l’entrata da Piazza De Ferrari è il cortile minore, profondamente cambiato nel ‘900 da Grosso, attraverso l’apertura dei portoni. Il Cortile Maggiore si trova, attraversato l’atrio, ad ovest. Ha mantenuto l’impianto manierista con doppio ordine di tre colonne sugli angoli con volte a botte e volte a crociera. Il cortile è stato ricomposto nella maestosità delle facciate interne con un ridimensionamento delle finestre. Il sistema delle volte cinquecentesche, riportate alla luce, ha trasformato gli ambienti sul porticato in sale prestigiose.
IL PIANO FONDI E LA CISTERNA MAGGIORE.
Al di sotto di questo piano con l’atrio e i cortili, è possibile scendere nel piano fondi in cui troviamo la cisterna maggiore, posta a ponente nell’edificio. La cisterna Maggiore è stata scoperta nell’ultimo restauro, è costituita da volte a crociera in mattoni poggianti su otto alti pilastri in pietra. È la maggiore delle tre cisterne che garantivano l’approvvigionamento idrico. Sotto il cortile minore, troviamo invece la cisterna minore. Nella zona di Via Tommaso Reggio, all’angolo con salita dell'Arcivescovado, c’è il Palazzo degli Abati di cui sono rimaste le tre arcate su strada ed è stato recuperato lo spazio interno vannoniano. C’è la torre Grimaldina e accanto il Palazzo del Comune, costruito nel 1291, trasformando Palazzo Fieschi, di cui sono stati recuperati alcuni elementi architettonici.
LA SALA DEL MUNIZIONIERE.
Sotto il livello del cortile maggiore si trova la sala del Munizioniere, salone voltato a crociera, su otto pilastri centrali, con capitelli di foggia diversa, tra cui anche capitelli trecenteschi. È la più importante scoperta del restauro del 1992. Fa parte del secondo piano terraneo nel quale si svolgevano funzioni di deposito e operative della vita del palazzo.
LO SCALONE DOGALE.
Al centro dell’atrio porticato inizia lo Scalone Dogale, con una forma a forbice e con spazi voltati. Era il punto focale del percorso cerimoniale, all’epoca dei Dogi. Dopo la prima rampa, si biforca in due rampe simmetriche di marmo che conducono ai loggiati sopra i due cortili. Le rampe non sono decorate, ma sono in stile manierista. Sono presenti solo due raffigurazioni emblematiche della Repubblica di Genova: uno stemma di Genova attribuito a Domenico Fiasella e un affresco a tema religioso dello stesso Fiasella. Allo sommità dello scalone si trova il Piano Nobile, che è la parte più rappresentativa del palazzo ed esprime la grandiosità della sede governativa della Repubblica Marinara. Il piano ospitava le sale di governo e di rappresentanza, l’appartamento del Doge con la cappella dogale, l’armeria e i loggiati sopra i cortili. Le sale di Governo erano tre, una del Maggior Consiglio e due del minor Consiglio, la sala del Consiglietto d’inverno che è andata perduta e il Consiglietto d’estate, che oggi è l’unica sala del Minor Consiglio.
IL PIANO NOBILE.
In corrispondenza del Loggiato Maggiore del piano terra, si trova il loggiato che costituisce la passeggiata dall’appartamento dogale alle sale del Maggior e del Minor Consiglio. È un quadrilatero di logge colonnate con volte a crociera. Il primo piano ammezzato è stato usato storicamente come spazio per segreterie ed archivi. È costituito principalmente dal deambulatorio e da cui è possibile accedere alla scala storica interna della torre.
L'APPARTAMENTO DEL DOGE
Occupa sette sale riccamente decorate che si aprono a nord e a ovest del Loggiato Maggiore. Questi ambienti tardo cinquecenteschi sono stati arricchiti da decorazioni a stucchi di periodi diversi. La sala più significativa è la sala d’angolo, sia per la finitezza delle decorazioni e dei rilievi scultorei in stucco lustro, sia per il caminetto seicentesco in marmo con piastrelle di ceramiche bicrome. La cappella Dogale è uno degli ambienti più belli di tutto il palazzo. Il portale d’accesso è composto da pilastrate di marmo. L’interno è interamente decorato senza soluzione di continuità dalla volta alle pareti, all’ondulato disegno barocco delle tarsie in marmi policromi del pavimento. La decorazione ad affresco è stata realizzata da G. B. Carlone nel 1663. È il corpo pittorico più consistente superstite ad oggi. La volta è campìta con la raffigurazione della Vergine Regina di Genova, in alto ci sono figure di Santi, Martiri e allegorie. In basso il potere politico è espresso attraverso la rappresentazione delle glorie della Repubblica.
IL SALONE DEL MAGGIOR CONSIGLIO E IL SALONE DEL MINOR CONSIGLIO
I saloni come li vediamo oggi sono stati ricostruiti nel 1778, dopo l’incendio, dal Cantoni. Le sale vennero trasformate in due grandiosi spazi coperti con volte sottili di mattone, a botte e a padiglione, diffusamente decorate con stucchi, costole, rilievi ed affreschi. Da notare lo splendore dello stucco lustro dei finti marmi e la policromia dei veri marmi. Sono un esempio di stile neoclassico per la molteplicità e la policromia dei materiali, ed anche per la rappresentazione della magnificenza della Repubblica.
Il Loggiato Minore è il loggiato ad oriente, con un arioso sistema di volte a crociera su colonne ioniche. Gode di una grande luminosità ottenuta con tre finestre su Piazza De Ferrari. L’ultimo restauro ha permesso di mantenere la teoria prospettica, partendo dal Loggiato Minore attraverso il salone del Maggior Consiglio fino al Loggiato Maggiore. Nell’ala orientale del Palazzo troviamo anche lo spazio dell’antica sala d’armi, destinata ad essere un grande deposito di armi, durante i secoli della Repubblica Marinara. Particolarmente belli e significativi, sono i terrazzi di Palazzo Ducale che si dividono in terrazzi del Cortile Minore e terrazzi del Cortile Maggiore. Da questi ultimi si può ammirare tutta la vista della città antica e della torre Grimaldina.
LA TORRE GRIMALDINA.
Il restauro del Grosso ricondusse nella sua sostanza la Torre all’assetto trecentesco, liberandola per quanto possibile dalle interpolazioni dei secoli successivi. L’aspetto attuale della Torre à quello di una struttura di sette piani di cui i primi quattro fanno parte integrante del volume del Palazzo, mentre gli ultimi tre si alzano in gran parte liberi sui quattro lati. Il primo piano à ricoperto da un bugnato fortemente aggettante che riprende quello del Palazzo Fieschi. Il secondo ed il terzo sono ricoperti dalla decorazione a fasce bianche e nere: sono divisi dal primo piano da una serie di archetti pensili, e fra loro da una cordonatura. Quinto, sesto e settimo piano sono in mattoni di diverso tipo. Le celle della Torre, costituite da grandi ambienti unici voltati con doppie porte, spioncini e grate giganti, erano riservate a carcerati provenienti da famiglie aristocratiche. Il censo dei carcerati è desumibile anche dalle raffigurazioni policrome sulle pareti. Fin dal Medioevo la campana nella Torre del Palazzo del Comune, poi Palazzo Ducale, aveva molteplici funzioni. Da essa partivano i segnali di convocazione delle magistrature, quelli relativi agli esiti delle guerre in corso ed anche quelli per il coprifuoco e gli allarmi in generale. La campana veniva però anche usata nelle ricorrenze solenni, nei festeggiamenti o per dare il benvenuto alle personalità politiche e religiose che facevano visita ai Dogi ed al Senato.
Note
Gli elementi strutturali e architettonici sono molti, e inoltre sono stati cambiati e rimaneggiati nel corso dei secoli. Oggi Palazzo Ducale è diventato il Palazzo della Cultura e dei Beni Culturali, si propone quindi come spazio multifunzionale culturale. Per rendere più fruibile il palazzo, tra il piano porticato e il primo ammezzato è stato creata, nell’ultimo restauro, la cosiddetta "Strada Appesa", un sistema di percorsi e rampe che ha l’intento di rivitalizzare il rapporto tra la città ducale e la città antica. La struttura è moderna ed è stata inserita negli spazi distrutti dai bombardamenti del ’44. A causa dell’incendio del 1777, sono andate completamente perdute le decorazioni delle Sale dei Consigli. Quelle del Maggior Consiglio erano ad opera del bolognese Marco Antonio Franceschini, quelle del Minor Consiglio erano del napoletano Francesco Solimena. Nella Medaglia della volta del Maggior Consiglio, Domenico Tiepolo aveva dipinto “Il massacro dei Giustiniani a Scio”, andato perduto anch’esso per i dissesti.
Le Guide
Il Palazzo Ducale fu eretto nel 1291 su progetto di Marino Boccanegra, per volontà dei Capitani del Popolo Corrado Spinola e Oberto Doria; successivamente, nel 1307, Ozzino Spinola e Barnaba Doria fecero realizzare la cosiddetta Torre del Popolo.
Si deve invece al Doge Antoniotto Adorno, nel 1388, l’ampliamento del palazzo e la realizzazione del grande salone, andato distrutto nell’incendio del 1591 che danneggiò anche l’edificio originale.
I lavori di riedificazione di Palazzo Ducale furono affidati ad Andrea Vannone.
Nel 1777 un nuovo incendio colpì nuovamente il Palazzo danneggiando le sale del Maggiore e Minore Consiglio e parte della facciata esterna.
In questo caso, ad occuparsi dei lavori di restauro fu Simone Cantoni, affiancato da Traverso e Francesco Ravaschino per le decorazioni.
Elemento comune a tutte le Guide è una preventiva descrizione prettamente storica. Tutti gli autori si soffermano sulle varie fasi costruttive, sulle figure politiche che commissionarono i lavori e sugli artisti che intervennero; in particolare appaiono interessate agli incendi che colpirono l'edificio richiedendo alcuni interventi di restauro, se non veri e propri rifacimenti, e causando anche la perdita di alcune opere d'arte. Oltre che sulla facciata, le Guide si soffermano molto sul cortile interno e sulle statue, qui collocate, di Andrea Doria e Giovanniandrea Doria, rispettivamente di Fra’ Giovannangelo Montorsoli e Taddeo Carlone.
Di grande interesse ed impatto risulta la maestosa scalinata, particolarmente apprezzata da Banchero e da Burckhardt per la dolce pendenza e per la lunghezza, considerata un esempio da seguire.
All’interno vengono presentati come degni di particolare attenzione alcuni ambienti: il Salone del Maggiore e Minore Consiglio e la Cappella, di cui vengono apprezzati gli affreschi di Giambattista Carlone.
L’Anonimo Genovese ricorda, infine, la presenza degli Archivi pubblici e segreti.
I viaggiatori che visitarono il Palazzo rimasero piacevolmente colpiti dall'architettura interna, in particolar modo dalle statue in marmo, e non mancano di accennare ai danni subiti dall'incendio. L'unico a non apprezzarne la struttura fu Montesquieu che non lo ritiene all'altezza del Palazzo di Venezia.
Carlo Giuseppe Ratti
Carlo Giuseppe Ratti, così descrive Palazzo Ducale che, allora, era denominato Palazzo Reale: «Egli è isolato, e di forma quasi quadrata, volta soltanto in un angolo dalla piazza de' funghi, e da una parte ancora del Palazzo Arcivescovile, ed ha ciascun lato quattrocento cinquanta palmi di lunghezza. Architetto di sì gran fabbrica fu Andrea Vannone Lombardo. Passato il primo cancello, e la prima ben munita guardia si resta in un cortile, o piuttosto piazza lunga, e larga dugento, e più palmi, attorniata di comode proporzionate abitazioni pel reggimento delle guardie dell'istesso palazzo, suoi Ufficiali, Rota civile, e criminale, ed altri Giudici, e Ministri. In faccia alla prima è la seconda porta, a' lati della quale sono due statue in marmo di statura gigantesca, eretta l'una al Principe Andrea Doria, ed è opera di Fra Giovannangelo Montorsoli; alzata l'altra al Principe Giovannandrea, ed è lavoro di Taddeo Carlone. Vi s'ascende per magnifica scalinata, e s'entra in vasto, e nobile portico lungo palmi 450, compresi due cortili che restano a' fianchi di lunghezza palmi 100 per ciascheduno, ed ambi ornati di grosse colonne di marmo. Sono nell'istesso piano varie sale, e salotti nei quali si radunano diversi magistrati. In quello ove congregano eccellentissimi Procuratori, e coadiutori della Camera Eccellentissima è una tavola della B. Vergine, con i SS. Battista, e Giorgio del Paggi, e tre altre, una del Crocifisso di stile del Vandick, e la seconda dell'Adultera liberata da Cristo di maniera Caravaggesca, e la terza di S. Pietro d'ignoto Autore.
Nella sala del Magistrato Illustrissimo de' Supremi una tavola della Vergine col gusto di Bernardo Strozzi [...]. La sala già de' Sindacatori Ordinari, ed ora del Magistrato delle Fortificazioni è dipinta dall' Abate Lorenzo Ferrari genovese, il quale anche vi ha fatta la tavola dell'Assunzione della Vergine al Cielo. Salendo ora la comodissima marmorea scala, che resta nel mezzo del portico, giungerete su d'un piano, il quale porge l'entrata, ad altre due ampie nobilissime scale di marmo, senza pari nella comoda proporzion de' scalini, e tenendovi alla sinistra, se ascesane la metà vi volgerete addietro, vedrete in una facciata un gran quadro, dipinto a fresco da Domenico Fiasella [...], entrovi Dio Padre col morto figlio in grembo, e i SS. Protettori della Città. Giunto alla cima piegando nuovamente a sinistra troverete la porta del gran Salone, sopra la quale vedrete l'emblema di due mani unite insieme a stringere un fascetto di bacchette, con sotto il motto firmissimum libertatis monumentum.
Questo salone destinato per il maggior Consiglio ch'era uno de' più vasti, e riccamente ornati, che si vedessero in Italia, e che attraeva a se gli occhi, e le meraviglie di tutti, specialmente de' forestieri, arse per un incendio accesosi in palazzo l'anno 1777 a' 3 Novembre. I Pittori Marcantonio Franceschini per le figure, e Tommaso Aldovrandini per le prospettive, embedue Bolognesi vi si erano distinti nelle pitture, e aveano fatto un capo d'opera per gusto, ed armonia, rappresentandovi le più gloriose imprese de' Genovesi Eroi. [...] Così dell'altra sala seconda del minor Consiglio pur arsa nell'incendio medesimo, e dove ammiravansi tre smisurati quadri dipinti in Napoli da Francesco Solimente. Ma come non sempre i gran danni sono indizio di gravi disgrazie, così ora si spera, secondo l'ottimo cominciamento, per saggia cura di chi presiede, che si andrà a formare un'opera ancora più nobile, e decorosa della perduta. Un architetto de' più valenti de' nostri dì è già stato impiegato in questo raffazzonamento. Egli è il Sig. Simon Cantoni, il quale già ha dato principio alla nobil esterior facciata che forma prospetto nella gran piazza, la qual facciata è ricca di numerose colonne, e fregi di marmo. Così ancor la gran sala riuscirà più magnifica, poichè sarà s'un'elevatezza maggiore della rovinata. A tutto ciò corrsponderanno le interne decorazioni di stucchi, e pitture, non scarseggiando di presente la patria di talenti in tutte le arti distinti, e di singolarissimi moderatori. Sarà in questa nuova sala riaperto numero maggiore di nicchie per riporvi le statue de' benemeriti Patrizi, e faranno restaurare le danneggiate che già vi si vedevano di Tommaso Reggio, Ansaldo Grimaldi, Vincenzo Odone, e Giulio Sale tutte uscite dallo scalpello di Domenico Parodi genovese; quelle di Paolo, e Bendinello Saoli, di Gio Baratta da Carrara, l'altra del Doge Giambatista Cambiaso lavoro di Pasquale Bocciardo genovese, e l'ultima del Duca Ludovico de' Richelieu, che fu al comando dell'Armata Francese ne l'ultima guerra, ch'ebbe la Repubblica cogli Anglo-Austro-sardi scolpita da Francesco Schiaffino.
È ora da vedersi l'appartamento del Doge, le cui stanze, e sale sono messe modernamente a stucchi dorati, il tutto d'ottimo gusto. Nella prima di queste stanze sono dipinte in tre tele a olio altrettante figure di Virtù da Autori Genovesi: la figura della Prudenza è del Sarzana, le altre due della Giustizia, e della Temperanza sono di Gio. Andrea de Ferrari. Qui vicina è la Real Cappella tutta a fresco dipinta dallo spiritoso pennello di Giovambattista Carlone, il quale vi figurò nella volta la Regina del Cielo con i SS. Protettori della Città. Nelle pareti v'è Colombo in Indie, Embriaco con sue torri sotto Gerosolima, l'arrivo in Genova delle Ceneri del S. Precursore, il Martirio de' Fratelli Giustiniani, il ven. Adorno Genovese Fondatore de' Chierici regolari Minori, che presenta le sue Constituzioni a Papa. V'hanno poi i santi Vescovi di Genova, ed altri Santi, e Sante pur Genovesi. La statua della B. V. in marmo all'altare è diligente lavoro di Francesco Schiaffino. da ultimo si potrà vedere l'Armeria, in cui oltre la quantità d'armi d'ogni specie si conservano due celebri monumenti; uno è il cannone di corame, che fu preso sotto Chioggia a' Veneziani, ed è fama, che fosse il primo, o uno almeno de' primi dopo l'invenzione di tale guerresco instrumento; l'altro di metallo che vedesi sopra la porta è un antico rostro di nave, e credesi l'unico avanzo di tal genere d'antichità rimasto al mondo. Questo fu trovato nel porto della Città, e si congettura poter essere ivi restato nella zuffa, ch'ebbero i Genovesi con Magone Cartaginese successa, come leggesi in Tito Livio, che è primo, che cominci a denominare col proprio suo nome questa città. <br / Incorporata al Palazzo è l'altissima torre su la quale s'inalbera ne' giorni stabiliti lo stendardo della Repubblica, e sono nell'istessa le carceri per la custodia de' rei di più grave delitto, o di maggior gelosia. Vi è ancora un ponte, per cui si passa da questo al palazzo criminale', ove sono altre carceri, anzi da parti diverse veggonsi altri due ponti, e per mezzo di uno comunivca il Real Palazzo con l'anzidetta Cattedrale, e per l'altro colla Chiesa del Gesù (...)».
Anonimo Genovese
L' Anonimo Genovese scrive, citando spesso le medesime parole di Carlo Giuseppe Ratti: «Da S.Lorenzo viensi a piazza Nuova nanti la facciata esteriore del palazzo Ducale. Entrando nel cortile ammirasene la bella interna prospettiva formata da due ordini dorico e ionico, con otto colonne in istucco raddoppiate sopra piedistalli di marmo bianco, ed una galleria con balaustri di marmo pur bianco a ciascuno. Otto statue parimenti di stucco vegonsi collocate al di sopra di nicchie e, alla corona dell'edifizio, una quantità di trofei in altrettanti gruppi corrispondenti. Due corpi di fabbrica dispiegano lateralmente quasi un fronte eguale e vanno a ricongiungersi col quarto sopra piazza Nuova [...].
La piazza interiore, ossia il cortile, è lungo e largo degento e più palmi. La facciata principale con la porta unica d'ingresso è al mezzogiorno o piuttosto al libeccio rivolta; l'anzidescritto lato di ponente dalla piazza Funghi prende già lungo la discesa a S. Matteo. Il lato orientale da S.Ambrogio prosegue unito su di una bella linea e, all'angolo poi di esso a piazza S.Domenico, ammirasi la gran facciata rivolta a tramontana o da greco di una vasta estensione di seicento e più palmi e di una terribile elevatezza principalmente all'angolo verso S.Matteo. nel mezzo di essa è a vedersi nella parete una eccellente pittura di Domenico Piola con la Vergine avente il Divin Putto, S. Domenico e S. Caterina.»
Dalla descrizione dell' Anonimo sappiamo che l' Appartamento Ducale comprendeva una gran sala di stucchi nella volta dalla quale si accedeva a numerose stanze grandiose "per comoda e regale abitazione", a un superbo e vastissimo terrazzo che si andava riparando nell'inverno 1818 per servire al Collegio de' Notari e agli Archivi che erano ridotti a occupare un angustissimo sito nel Palazzo Arcivescovile. A sinistra della sala era un'altra fila di stanze adibite a salotti, camere di abitazione ad altro. Poi era presente una cappella «tutta a fresco dipinta dal pennel spiritoso di Gio Battista Carlone».
Da una porta si discendeva, quindi, agli Archivi [...] e da qui, per una scala si giungeva al primo piano di questo braccio dove erano gli Uffizi dell'Intendenza Generale delle finanze del Ducato. L' Anonimo ammira la gran sala del palazzo per la ricchezza dei bei marmi dai quali è adornata e il pavimento della Sala Regia "che poche ne ha nell'Italia a sé eguali forse si nella vastità ma non nella magnificenza" . Continua con la descrizione dei cicli di affreschi che adornano le sale attigue e delle tavole ospitate al loro interno: lavori che furono eseguiti dopo il famoso incendio del 1777 in cui arsero le due sale e "si perdettero i bei freschi del Franceschini e del Solimene da' quali erano decorate".
Il braccio a levante, dove prima della Rivoluzione era ubicata l'armeria, al tempo dell' Anonimo ospitava due sale in cui risiedeva «l'eccellentissimo Reale Senato. In quella della Prima Classe modernamente addobbata era in testa il ritratto di S.M. il re Vittorio Emanuele, assai bene al vero ritratto; in faccia sopra il camino era bel Crocifisso pinto dallo Strozzi, in quella della Seconda Classe son tre tavole che ne ornan le pareti: in fondo la Madonna con Santi, a destra il Martirio di S.Andrea e in faccia la SS.Assunta; la prima è del Sarzana».
Il nostro Anonimo conclude la sua passeggiata attraverso le magnificenze Palazzo Ducale percorrendo la scala interna di comunicazione col primo piano e ritrovandosi nel cortile da dove era partito, da qui si ferma ad ammirare il colonnato della galleria formato da dodici colonne ioniche di marmo bianco.
Federico Alizeri
Federico Alizeri, nel Manuale del forestiere per la città di Genova, racconta che nel 1291, fu costruito un palazzo pubblico con disegno dell'architetto Marino Boccanegra e per cura dei capitani del popolo Oberto Spinola e Corrado Doria "comprando a tal effetto non poche case di Accellino Doria e di vari altri privati, situate tra San Lorenzo e San Matteo".
Continua con la descrizione dell'esterno del palazzo e dei lavori di ingrandimento che seguirono la fabbrica antica: nel 1388 fu abbellito con un maestoso salone, opera del doge Antoniotto Adorno, nel 1591 "un nuovo se ne costrusse dalle fondamenta coi disegni del lombardo Andrea Vannone" e fu decorato di pregevoli lavori, molti dei quali andarono perduti in un incendio avvenuto nel 1777, per cui furono distrutti i due saloni del maggiore e minor consiglio. «Vennero tantosto affidate le cure del ristoro all'architetto svizzero Simone Cantoni, del quale è la magnifica facciata che vedesi tutta adorna al sommo di statue in istucco, rappresentanti re e principi vinti dai genovesi, modellate da Nicolò Traverso e Francesco Ravaschio».
All'interno del palazzo, Alizeri indica gli affreschi di Domenico Fiasella e le opere di Carlo Fazzi, Domenico Tiepolo, Giovanni David, Emanuele Tagliafico. Nel minor salone vari ritratti di uomini celebri modellati dal Ravaschio e dal Traverso. "Tutte le pitture, sì ad olio come a fresco, sono del cav. Carlo Giuseppe Ratti". La prima e la seconda sala del Senato ospitano tavole rappresentanti la Giustizia e la Temperanza di Gio. Andrea Deferrari, la Forza di Gio. Andrea Ansaldo e la Prudenza del Fiasella. La cappella aveva affreschi di Gio. Batta Carlone.
Federico Alizeri
Federico Alizeri, nella Guida artistica per la città di Genova, riporta che la prima fondazione del Palazzo Ducale risale alla fine del XIII secolo. Nel 1291 i Capitani del popolo Oberto Spinola e Corrado Doria comprarono da Accellino D'Oria e dai vicini gli edifici tra S. Lorenzo e S. Matteo "per innalzarvi un decente e comodo palazzo" in cui i Magistrati del comune potessero lavorare.
L'incarico fu affidato a Marino Boccanegra. Nel 1591 un incendio distrusse il grande salone del 1388 e il più antico edificio. Andrea Vannone progettò e diresse i lavori per la cosruzione di un nuovo e più grande palazzo. Un altro incendio nel 1777 danneggiò i saloni del Minor e Maggior Consiglio, e in parte anche la facciata esterna. Il restauro, "a cui si deve la superba facciata", fu affidato a Simone Cantoni, mentre per le decorazioni furono chiamati Niccolò Traverso e Francesco Ravaschino. «Quest'opera, che a giudizio de' periti accoppia maestà e imponenza a varietà ed eleganza, è il primo de' pubblici monumenti che attesti tra noi il moderno rinnovamento dell' arte.».
Nell'incendio vennero danneggiate anche le statue dei "benemeriti patrizi", «Gl'illustrissimi Moderatori pensarono di trarre un bene da una disgrazia, d'accrescer cioè il numero delle nicchie, e riparate le antiche statue, preparare il sito ad altri uomini benemeriti della patria. Ma la rivoluzione francese prevenne il generoso pensiero, e le prime statue balzate dal lor posto, non vi comparvero più.». Per quanto riguarda il minor salone, «non mancano eleganza di proporzioni, splendore di dorature, profusione di marmi; nè mancò affatto la scultura con aperta ripugnanza a tanto splendore»; gli affreschi sono del Cav. Carlo Giuseppe Ratti.
Federico Alizeri
Federico Alizeri, nella Guida illustrativa del cittadino e del forastiero per la città di genova e sue adiacenze, scrive: «Al largo di Piazza Nuova, sorge di fronte, maestoso e leggiadro, il Palazzo Ducale, e attualmente di Prefettura. Nel 1291, essendo Capitani del popolo Corrado Spinola e Oberto Doria, il Comune di Genova, fece ereggere, ad uso di essi, le fondamenta del palazzo su disegno di Marin Boccanegra. Nel 1307, altri due Capitani, Ozzino Spinola e Barnaba Doria, diedero ordine di fabbricare l'annessa Torre, a cui posero il nome di Torre del popolo. Nel 1388 il doge Antoniotto Adorno, fece dentro più magnifico il palazzo, spianando una sala al solenne delle pubbliche adunanze. Dopo il 1530 si pensò di decorarlo all'interno e all'esterno dai Della Porta. I Della Corte si occuparono di ingentilire le finestre e le soglie di linee e finissimi intagli. Nel 1539 la Torre, sembrando bassa, fu alzata più in alto da Simon Carlone. La prima campana che risuonò dalla Torre agli orecchi del popolo e che mandò i suoi rintocchi per oltre 220 anni fu di Guglielmo di Montaldo. Dal 1530 al 1539 la Signoria fece tirar fuori dalle Fiandre del bronzo per fabbricare delle campane che uscissero a gran voce dalla Torre ma l'operazione non andò a buon fine. Nel 1563 venne fatto dono alla Repubblica di una campana realizzata da Giovanni Cattano. Nel 1548 vennero fatte nuove aggiunte al Palazzo. Il nuovo edificio fu disegnato da Andrea Cerasola soprannominato il Vannone. Questa parte fu arricchita con opere d'arte in particolare di dipinti nelle due Sale ai quali lavorarono il Franceschini, l'Aldrovandini per gli affreschi e Solimene da Napoli per le tele ad olio. Nel 1777 un incendio distrusse le aule e la facciata esteriore. Per rinnovare l'edificio venne chiamato Ignazio Gardella, il quale realizzò i due ordini che rispondono ai lati della facciata. Simone Cantone si occupò dei disegni della facciata rovinata dall'incendio. Nicolò Traverso e Francesco Ravaschino realizzarono le statue dei prigionieri e i trofei sopra l'attico. Il Vannone si occupò della volta. La maggior Sala è un luogo molto ampio con splendidi ornati e molte cose artistiche. Ai lati del trono fiancheggiano Prudenza e Giustizia, modelli del Ravaschio e del Traverso. Ai lati delle porte troviamo la Concordia e la Pace d'Andrea Casaregi. Sull'alto della cornice vi sono le pitture di Giovanni David e Emanuel Tagliafichi. La terza volta fu dipinta da Isola che rappresentò tramite simboli le sorti della Liguria. La Sala del minor Consiglio è di dimensioni ridotte, vi sono plastiche d'oro e di marmi. Qui Carlo Giuseppe Ratti dipinse la pietà genovese.»
Burckhardt
Burckhardt, scrive: «Di Rocco Pennone, lombardo anch'esso, sono le parti più antiche del Pal. Ducale, anzitutto le logge a due piani (già sontuose) nei cortili laterali, la facciata posteriore e, secondo quanto si crede, la celebre scala. Se veramente risale agli anni subito dopo il 1550, essa rappresenta la prima scala del tipo a dolcissima pendenza e di straordinaria lunghezza; e ad essa principalmente si deve attribuire l'entusiasmo dei genovesi (e di tutte le nazioni) per questo elemento della costruzione di palazzi. Tutte le scale del Bramante e dei Fiorentini sono, in confronto, ripide e strette».
Giuseppe Banchero
Giuseppe Banchero, scrive: «Adunque parlando del Palazzo Ducale dirò che la sua prima fondazione si deve ascrivere all'anno 1291.[...] Il Soprani nella vita di Marino Boccanegra lo dice architetto di questa fabbrica. La grossa e salda torre che sorge sul sinistro fianco di essa è di alquanti anni più antica [...]. Nel 1388 fu fatto ampliare questo palazzo dal Doge Antoniotto Adorno, e quindi nel 1432 parimente si ampliò la porta verso la piazza e al di dentro si costrussero delle stanze dei magistrati. Ma venne questo palazzo in più decantata rinomanza per belli lavori, ricchi marmi e preziosi dipinti, quando la cittadina larghezza depositò per la riedificazione dello stesso immense somme nel Banco di S. Giorgio. [...] La riedificazione di questo edificio di deve ad Andrea Vannone architetto venuto dal contado di Como [...].
Tutte queste cose descritte, con altri bellissimi freschi del Solimeno nel Minor Consiglio, andarono preda delle fiamme l'anno 1777 a'3 di novembre [...].
Il cortile è lungo e largo più di 50 metri . Sopra i due piedistalli allato alla marmorea scala erano due grandiose statue di marmo. L'una rappresentava il Principe Andrea Doria, lavoro dello scultore Fra' Giovannangelo Montorsoli [...]. La seconda, il Principe Giovanniandrea Doria, dimano di Taddeo Carlone genovese.[...]
La nobilissima facciata del Ducale Palazzo fu cominciata nel 1778 e nell'80 non era per anco alzata la metà. Il disegno di questa e della maggior e minor sala è del celebre architetto Simon Cantoni, il quale attese eziando alla totale riedificazione della fabbrica. Si presenta di aspetto imponente, con due bellissime balaustre o ringhiere di marmo. Negli intercolunii sono collocate statue che rappresentano schiavi ecc. Il colmo della fabbrica è sormontato da guerreschi trofei, in mezzo stava lo Stemma della Repubblica. Nel basso è decorato di un ordine dorico e nell'alto jonico. A ragione puossi dire che simil fabbrica sia una delle migliori che comparvero sul morire del passato secolo[...].
Per una scalea di marmo ascendono i pedoni e per due cordonate le portantine alla porta che mette nel vestibolo [...]. A'due lati del medesimo sono due cortili [...]. Questi col vestibolo o atrio sono retti da ottanta grosse colonne di marmo, formando un'opera sola ripartitaintre sezioni [...]. Nelle sale attigue all'atrio sono gli uffizii dei giudici di 4 sestieri [...]. Al manco lato sono altresì gli uffizii della R. Intendenza, del Buon Governo, della Direzione del R. Lotto e del Commissariato alla Leva. A destra parte degli Uffizii Civici. La scala è di marmo, gli scalini ha larghi e di sì piacevole salita, che appena uom si avvede di ascendere. É divisa in tre parti; la prima ascende dal vestibolo al ballatojo, piega a destra ed a sinistra: è di una sorprendente magnificenza, e può servire di modello agli architetti che non sanno far scale. Vero è che essendo nude e spoglie di ornamenti le mura laterali, apparisce cosa troppo semplice, ma nella sua condizione di scala può stare con le migliori d'Italia. Nelle diverse sale erano alquanti buoni quadri e un affresco di L. Deferrari, ma tutto scomparve dopo la rivoluzione del 97. Salendo il braccio di scala a mano di destra, vassi ne' privati appartamenti di S. E. il Governatore;[...]».
I viaggiatori
Charles-Louis de Montesquieu
Charles-Louis de Montesquieu, trascrive le sue impressioni su Palazzo Ducale, in occasione del suo arrivo a Genova, nel 1728: «Il Palazzo del Doge comprende anche le sale in cui si riuniscono i Consigli e l'Arsenale. La bellezza di queste sale è ben lontana da quella delle sale di Venezia. Ce n'è una in cui sono tre quadri del Solimena. La sala del Gran Consiglio è affrescata da Franceschini da Bologna».
Charles Dupaty
Charles Dupaty, in Lettres sur l'Italie, scrive: «[...] Ne vengo da visitare il palazzo del Doge, dove il Senato tiene le sue assemblee e soffia, su cinquecento mila soggetti, lo spirito del suo governo, delle sue leggi, della sua politica, vale a dire della sua avarizia. Quando si entra nella corte, l’occhio resta stupefatto. La facciata, ornata di colonne e statue di marmo, incanta già dal principio. Si sale dalla Sala del Piccolo Consiglio: è l’architettura più elegante; si passa nella Sala del Gran Consiglio: è l’architettura più straordinaria. Passo dopo passo, fra una moltitudine di colonne, le statue dei personaggi importanti della Repubblica ricevono, in premio del loro merito o della loro fortuna, il debito della loro posterità, un ricordo o uno sguardo. Il Maresciallo R. è al centro di tutti questi nomi. Un incendio divorò questi monumenti nel 1773, insieme a un certo numero di quadri dei più grandi maestri. Sono stati ristabiliti gli edifici , ma non i quadri. Sono stati trovati degli architetti e degli scultori, ma non i pittori. [...]»
Jules Janin
Jules Janin, nel 1838, scrive: «Vogliamo cominciare in questa città di palazzi a visitare palazzo Ducale. Una meraviglia, benchè offesa, rovinata dalle rivoluzioni implacabili sempre dappertutto. Si sale a Palazzo Ducale lungo un magnifico scalone di marmo e si lascia a destra un piedistallo dove era la statua di Doria, rovesciata dalle sommosse.»
Paul de Musset
Paul de Musset, ricorda l'incendio, provocato da una bomba francese, che nel 1684 danneggiò quella che originariamente era la residenza dei dogi. In questa occasione parte degli affreschi che ornavano i muri e i soffitti andarono distrutti. Ancora visibile l'affresco del saccheggio di Pisa, mentre nella sala del grande consiglio Paul de Musset nota la presenza di eccellenti tavole al posto degli affreschi.
Bibliografia
A. Buti, G. Galliani, "Il Palazzo Ducale di Genova", Genova, Sagep Editrice, 1981.
G. Spalla, G. Croci, M. Ceroni, M. Perego, "Palazzo Ducale. Recupero e riscoperta della sede governativa della repubblica marinara", Roma, Edizioni Editer, 1988.
G. Spalla, C. Arvigo Spalla, "Il Palazzo Ducale di Genova, dalle origini al restauro del 1992", Genova, Sagep Editrice, 1992.
Bibliografia Guide
- Alizeri Federico, (Attribuito a) Manuale del forestiere per la città di Genova, Genova, 1846 pag. 240-246
- Alizeri Federico, Guida Artistica per la città di genova dell'avvocato Federigo Alizeri, Vol. I Gio. Grondona Q. Giuseppe Editore librajo, Genova 1846 pag. 84-101
- Alizeri Federico, Guida illustrativa del cittadino e del forastiero per la città di Genova e sue adiacenze, Bologna, Forni Editore, 1972 pag. 91
- Banchero Giuseppe, Genova e le due riviere, Parte III, Luigi Pellas Editore, Genova, 1846, pag. 315-321
- Burckhardt Jacob, Il Cicerone. Guida al godimento delle opere d’arte in Italia, Sansoni, Firenze 1952, pag. 379-386
- Poleggi Ennio e Poleggi Fiorella (Presentazione, ricerca iconografica e note a cura di), Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818, Genova, Sagep, 1969 pag. 346
- Ratti Carlo Giuseppe, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura scultura et architettura autore Carlo Giuseppe Ratti pittor genovese, Genova, Ivone Gravier, 1780, pag. 56-62
Bibliografia Viaggiatori
- Janin Jules, in Viaggio in Liguria in Marcenaro Giuseppe, Viaggio in Liguria, Genova, Sagep, 1974, pag. 88
- Lemonnier André Hippolyte, Souvenir d'Italie, Parigi, P.Dupont et G. Laguionie, 1832, pag. 468
- Montesquieu de Charles-Louis,La Repubblica di Genova, in Pinelli Pier Luigi Addio a Genova, Genova, 1993, pag. 38 e ss.
- Musset de Paul, Voyage pittoresque en Italie septentrionale, Parigi 1855, pag. 137